L'insolita arte di Luca Pugliese* di Elmar Zorn

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Da “Amara terra mia” a Terra Arte Nell’immaginario popolare italiano l’espressione “amara terra mia” evoca inequivocabilmente l’omonima canzone del cantautore pugliese Domenico Modugno. Il ritornello “io vado via” rispecchia tutto il Mezzogiorno con i suoi problemi migratori e fu scritto proprio nel 1973, anno in cui ad Avellino nasceva Luca Pugliese.

Luca Pugliese, anche lui cantautore, ha fatto esattamente l’opposto di quel ritornello: non ha aderito al coro delle lamentele con la fuga, ma è rimasto nella sua terra, l’Irpinia, per contribuire alla sua crescita artistica e culturale. Lo ha fatto come architetto, con progetti urbanistici realizzati sul territorio, e ancor più attraverso la sua arte e i suoi festival, dedicati alla musica e alle arti visive. Fin dal 2001, anno in cui, con un gruppo di “anime gemelle”, ha dato vita al festival estivo itinerante Terra Arte, ha collezionato una serie continua di successi, basati non solo sull’intrattenimento di alto livello, ma anche e soprattutto sulla valorizzazione culturale di una terra ancora poco nota al turista italiano e straniero.

Con Terra Arte ha sperimentato forme di produzione artistica nel vivo del tessuto sociale dell’Irpinia che sembrano richiamarsi al paradigma artistico messo in opera dal suo maestro Riccardo Dalisi, ideatore, negli anni sessanta, di una sorta di “università di strada” che legò all’attività delle sue botteghe bambini e giovani dei più disagiati quartieri di Napoli, strappandoli alla vita senza futuro della strada.

I personaggi e i paesaggi frammentati delle opere pittoriche di Luca Pugliese rimandano a una profondità non visibile, ma nondimeno esistente: quella del paesaggio e del cielo nelle loro dimensioni cosmiche, e quella di Mefite, la sorgente irpina di acqua sulfurea cantata da Virgilio come accesso al regno di Dite. È un genere di profondità che sembra non a caso far eco a quella vesuviana del suo maestro Dalisi. Le presenze mitiche della natura, o meglio delle forze della natura, caratterizzano lo stile della creatività di entrambi gli artisti, ma anche l’impeto della mediazione e dell’inclusione dei rispettivi sfondi sociali nel processo e nei risultati del loro lavoro.

La sensibilità verso il contesto locale e regionale, l’espressività e la profonda capacità mediatica dell’arte e la sinergia di musica, poesia e pittura rappresentano per Luca Pugliese le “terreformazioni” necessarie a contribuire al futuro del proprio paese dal serbatoio stesso della sua cultura. Con la sua arte e il suo impegno sociale lo spirito del lamento lacerante della canzone di Modugno si è trasformato in uno spirito di riscoperta e di risveglio delle radici culturali degli abitanti di quelle città e di quei paesaggi.


Caduto dal cosmo: la costruzione di un nuovo mito Molte delle invenzioni figurative realizzate da Luca Pugliese si svolgono su uno sfondo nero intenso, come se elementi e segni presi da figure umane e dalla natura fossero appena caduti dall’universo; quasi alieni venuti a costruire sul nostro pianeta un palco, o meglio, una scenografia per una second life.
Per l’artista, però, non si tratta di mondi virtuali. Con le sue costruzioni e le sue figure egli intende stabilire un legame con il vecchio mondo già esistente ed evocarlo da un’altra prospettiva, quasi come un nuovo mito della natura e dell’uomo che, attraverso i mezzi dell’arte, ricostruisce quello vecchio visto con altri occhi. A Pugliese sembrano logori gli antichi mezzi dell’arte. Egli inventa un nuovo linguaggio, capace di trasmettere un’esperienza mistica, quasi ingenua del mondo. È un linguaggio attuale, secondo Pugliese “parlato” da molti, ma che non imita vecchi stili di comunicazione.

Come dal nulla, egli crea un linguaggio figurativo simile a quello dei fumetti. Viene da pensare a “Little Nemo”, supplemento domenicale del “New York Herald” apparso per la prima volta nel 1905 e presto divenuto pietra miliare nella storia del fumetto, con le sue avventure che superavano gli spazi. Il mondo figurativo di Luca Pugliese compone uno scenario di sagome paesaggistiche terrestri e di elementi cosmici che navigano nello spazio per formare uno sfondo e mettere in scena, in modo molto semplificato, facce, teste e figure simili a maschere. Questo arsenale figurativo apparentemente semplice mira a un modo d’espressione innovativo e tuttavia comprensibile: una sorta di primitivismo programmatico, paragonabile all’orientamento dei rappresentanti del modernismo degli inizi del XX secolo rispetto all’aura e all’autenticità dei totem e delle maschere delle popolazioni primitive africane. I dipinti di Pugliese sono segnati da un’emanazione paradossale, sconcertante e allo stesso tempo accogliente: l’emanazione di un mondo colorato e allegro, quasi infantile, ma che allo stesso tempo ha tratti misteriosi ed esotici; l’emanazione di stralci di un ambiente vicino e familiare ma anche lontano e sconosciuto, che sembra venire dallo spazio senza però sconcertarci.


Orlando, Pinocchio, Totò: travestimenti dell’artista Nell’arte la fusione poetica tra “vicino sconosciuto” e “lontano familiare” è tipica della raffigurazione satirica o comica. Il procedimento artistico di Luca Pugliese è molto simile alla trasposizione dei poemi cavallereschi e dei racconti eroici operata dai “cantastorie” siciliani, che dall’Ottocento a oggi hanno dato vita a una cultura popolare indipendente, acquisendo e adattando le prodezze di Orlando e Rinaldo al teatro delle marionette. Anche Luca Pugliese è un cantastorie, che invoca i sogni e le prodezze di giorni passati proiettandoli nel presente. Procede così nei suoi quadri, talvolta anche nelle opere plastiche e nelle composizioni musicali. Nei suoi dipinti, forme surreali sono combinate con forme del realismo fantastico simili a quelle dell’arte viennese degli anni cinquanta del secolo scorso: inizialmente in una disposizione geometrica frattale, più avanti in rotondità organiche come le frequenti spirali galleggianti nello spazio e come i nastri torti delle eliche del Dna.

Nell’orizzonte tipologico delle creazioni figurative di Luca Pugliese ci si imbatte senza dubbio anche un’altra figura popolare del tardo Ottocento: il Pinocchio di Carlo Collodi, il burattino di legno che, come tutte le figure dei romanzi picareschi – dal Simplicius Simplicissimus di Grimmelshausen al Tom Jones di Fieldings, al Candide di Voltaire, all’Emile di Rousseau fino al Peer Gynt di Ibsen – traveste il tema serio e borghese dell’educazione. Nel suo ruolo di artista, Luca Pugliese potrebbe rappresentare sia lo spirito di Pinocchio sia quello del suo artefice e maestro.


* Testo estratto da Luca Pugliese. Cosmo sonoro, a cura di Serena Cuoppolo e Fortunato D’Amico, Skira, Milano 2010, pp. 91-94.